Le persone che arrivano nel mio studio portano spesso una sofferenza importante.

A volte, la traduzione di questo forte malessere si manifesta al mondo tramite sudorazione, battito accelerato, capogiri, respiro corto, affannato, fame d’aria, paura degli spazi aperti, degli spazi chiusi, di superare un esame, di parlare in pubblico, di guidare, di uscire.

La caratteristica che sembra accomunare queste storie è il cambiamento improvviso.

Come se da un momento all’altro, inaspettatamente, ciò che prima sembrava “normalmente” affrontabile assumesse forme nuove e diventasse troppo difficile, troppo spaventoso, da evitare a tutti i costi.

“Prima guidavo tranquillamente in autostrada, anzi mi piaceva! Com’è possibile che adesso non lo riesca più fare? Ogni volta che vedo un cartello autostradale inizio a sudare, mi gira la testa, non mi sento più padrone del mio corpo e delle mie sensazioni! Come se non fossi più in me. Non riesco a darmi una spiegazione razionale. Che mi sta succedendo?”.

LA CREDENZA DA SFATARE É POTER RAZIONALIZZARE L’ANSIA.

I sintomi dell’ansia espressi attraverso il corpo non appartengono alla dimensione puramente razionale. Hanno certamente una loro logica che ne permette la comprensione, ma NON C’É UNA SPIEGAZIONE CAUSA-EFFETTO.

Premesso questo, penso sia molto importante dare dignità all’ansia. Intendo non trattarla come mero stress, come qualcosa che passa da sola, come un fatto su cui soprassedere. Ultimamente si usa queso termine in troppe forme e questo può creare confusione e generare svalutazione rispetto alla grave sofferenza che una persona con una sintomatologia ansiosa prova.

Allora è possibile ritrovarsi da soli a domandarsi: perché io non riesco a sopportare lo stress dello studio e i miei amici sì? Cos’ho che non va?

QUAL É LA LOGICA DA CONSIDERARE

Tu non hai niente che non va. C’è una parte di te che deve essere aiutata. Ogni ansia porta un senso legato ad una storia unica. Essa non appartiene all’esterno ma è voce dell’interno.

Il corpo manda dei segnali, lascia spazio ad un linguaggio antico, una parte infantile di noi che prende il sopravvento e che ha estremo bisogno di essere ascoltata.

Il ME BAMBINO CHE GRIDA AIUTO. Ecco come si potrebbe tradurre l’ansia.

Quindi non demonizzate l’ansia. Non date la colpa all’ansia perché vi impedisce di fare cose “normali”. Chiedevi invece come poter sostenere e accogliere questa parte di voi.

Spesso risulta troppo difficile porsi in questa condizione da soli. Lasciate che qualcuno vi aiuti a farlo.

L’ansia è il vostro salvagente, è un’ancora che indica dove trovare il bambino triste/arrabbiato/spaventato e ascoltarlo, rassicurarlo. Non è un lavoro facile, ma è necessario per stare bene.

Siate coraggiosi e abbiate fiducia nella vostra capacità di affidarvi ad una persona competente che possa darvi l’aiuto necessario per comprendere gli ostacoli che vi stanno impedendo di costruire la vostra vita.

Dott.ssa Ceruzzi

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